E', questo, il primo romanzo di Liala: quello che l'ha consacrata ad autrice di veri e propri best seller e che le ha aperto le porte del Vittoriale di D'Annunzio. Una donna che, a dir del Vate, parla così bene d'aviazione, valeva la pena d'esser conosciuta. Così come val la pena esser conosciuta anche ai giorni nostri.
Perchè Liala non è una scrittrice rosa i cui libri vanno - cosa che purtroppo accade sovente - relegati negli scaffali dei romanzi Harmony: a lei spetta di diritto un posto tra i grandi nomi della letteratura italiana del Novecento.
"Signorsì" in quanto primo romanzo ha tutti i piccoli difetti che questo puo' comportare. Eppur si legge benissimo, ed è chiara l'influenza che la vita reale ha avuto nella scrittura. Leitmotiv della narrazione sono il mondo dell'aviazione, legato a sano ed apolitico patriottismo, e la tematica forte e tutt'ora attuale delle violenze domestiche.
Se da un lato è vero che i personaggi possono risultare poco delineati caratterialmente (il migliore amico di Furio, Mino Sant'Elmo, nonostante abbia i connotati dell'uomo appassionato e cortese, non viene descritto appieno, ed è un peccato), dall'altro questi risultano comunque vivi nei loro pregi e nei loro difetti. Non sono marionette, hanno carne (livida, come quella di Renata) ed ossa (spezzate come quella del compagno d'aviazione Centurione, che rimarrà vittima di un incidente aereo).
Fino alla fine si è quasi convinti che la storia possa però avere una lieta conclusione. Si spera che Renata possa liberarsi dal suo fardello e cercare la felicità altrove, un po' come fece la madre, vittima d'un sangue pazzo ed incancellabile. Ma piuttosto che seguirne le orme, la decisione di Renata sarà ben differente...
Il consiglio dello chef: lasciate perdere gli stereotipi e, se avete un minimo di romanticismo addosso, anche latente, leggetelo perchè ne vale la pena!
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