Sardegna: una terra antica, identitaria, riservata, in cui ancora è viva e tangibile la presenza delle sue antiche civiltà matriarcali, che ancora oggi lasciano tracce nei riferimenti alla Dea Madre e nelle figure folkloristiche che ne incarnano i vari aspetti — fanciulla, madre, anziana.
Pur portando un cognome sardo, non ho radici familiari dirette sull’isola. So di alcuni parenti nella zona nord, ma si tratta di cugini acquisiti, di un ramo lontano della famiglia, con un cognome completamente diverso.
Dove vivo, il mio cognome è piuttosto comune e viene considerato emiliano. Eppure basta leggerlo per capire che c'è qualcosa di diverso rispetto a quelli della mia zona.
E anche se non fosse davvero sardo, questo legame con l’isola esisterebbe comunque. Ne sono certa. C’è qualcosa di intuitivo, ancestrale, se non proprio genetico.
È la pelle d’oca quando sento intonare A diosa (meglio conosciuta come No potho reposare), o il brivido che mi attraversa leggendo certi scritti di autori sardi.
È il ricordo del profumo che ho sentito la prima volta che il traghetto si è avvicinato all’isola - un profumo che non ho mai ritrovato altrove.
È quel battito accelerato nel momento in cui sono sbarcata, pensando: “Qui, da qualche parte, c’è casa mia.”
Perché l’appartenenza a un luogo non è solo questione di nascita. È anche (forse soprattutto) questione di scelte, di vissuto, di connessione emotiva.
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Il Pan di Zucchero (foto recuperata da Pinterest) |
I ricordi più vividi che ho della Sardegna sono i suoi profumi e i suoi colori.
Il verde argentato degli ulivi, che sembrano ondeggiare anche quando l’aria è ferma.
Il blu profondo del mare, che si fonde col cielo e ti fa sentire parte di qualcosa di immenso.
Il bianco accecante delle rocce, quasi lunare, in contrasto con le ombre fresche della macchia.
Il rosso caldo della terra, viscerale, potente, come il grembo della Madre.
Ricordo il lungo viaggio in treno da Olbia a Cagliari, tagliando a metà l’isola e attraversando paesaggi da cartolina, sospesi nel tempo: pecore — tante pecore — e nuraghi in lontananza.
La musica folk sarda mi parla, quasi come se mi conoscesse. Evoca in me sensazioni che faccio fatica a spiegare. È come se fossero ricordi di qualcun altro che cercano di affiorare nella mia mente, ma non riescono del tutto. Probabilmente è solo suggestione, eppure la sensazione è proprio quella.
Se mi dicessero che nel mio cognome si nasconde una storia mai raccontata, ci crederei.
Dalle ricerche che ho fatto, l’origine sembra risalire a Villacidro, il paese delle streghe per eccellenza. E allora chissà, magari davvero una mia antenata era una strega. Si spiegherebbero molte cose!
A volte mi chiedo: e se io, invece che in queste terre alluvionali, fossi nata in Sardegna, magari su un ventoso altopiano?
Sarei la stessa persona o completamente diversa?
Di certo avrei un altro rapporto con la natura. Sarei più gentile con il vento, con cui oggi faccio fatica ad andare d’accordo, avrei più rispetto per la pioggia, amerei e odierei il mare allo stesso tempo.
Ma sono sicura che il mio amore per la terra, le rocce e le piante sarebbe lo stesso.
Se non addirittura più forte.
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