E' stato un periodo di silenzio blogghifero, lo so. Ma torno in gran spolvero con la recensione del PEGGIORE LIBRO letto negli ultimi dieci anni. E io son di bocca buona, di solito mi va bene tutto.
Iniziamo dalla genesi.
In principio erano il mercatino dell'usato ed una serie di cestoni di libri. La scritta campeggiava a chiari caratteri: LIBRI DA 0.10 CENT a 1 EURO.
La manna. Il paradiso. E, allo stesso tempo, la perdizione. So che qualcuno mi capirà: ho pescato a piene mani tutto quello che ho potuto. Tra questi dei veri e propri capolavori: portarsi a casa per pochi spicci roba come Verga, Stevenson, Allende, Goldoni e altri nomi di pari calibro non ha prezzo.
Lo sguardo mi si posa per un istante su un libro. "La freccia nera". Mumble.
Non è però il libro di Stevenson (al quale do la caccia da anni) ma, come dice il sottotitolo, il romanzo "liberamente ispirato alla serie tv". La quale era liberamente ispirata al romanzo di Stevenson. Premetto di non avere visto la serie, ma una rapida lettura della seconda di copertina (e il prezzo di ben 20 centesimi) mi hanno indotta all'acquisto. In attesa di leggere la storia originale, leggerne un rifacimento poteva essere interessante, chissà.
Riporto qui quanto letto nella seconda di copertina e, tra parentesi, le mie aspettative. Che potrebbero anche essere le tue, lo so.
Alto Adige (E già qui mi immagino le potenziali descrizioni dei paesaggi e sbavo) , seconda metà del XV secolo (Periodo storico ottimo per un libro. Andiamo!). Giovanna, incantevole bimba di cinque anni, si esercita, guidata dal padre, il conte Ludovico Bentivoglio, a tirare con l'arco, ignara che in quel gesto è scritta parte del suo destino... (Una donna che tira con l'arco. Mi fa un po' "Merida", mi ispira!) Non lontano da lì, un altro bimbo, Marco, segue il padre Riccardo, conte di Monforte, in un'esaltante cavalcata tra i boschi, inconsapevole del fatto che di lì a poco mani assassine e traditrici lo separeranno per sempre dal suo adorato papà. (Iniziamo con la gente che schiatta. Interessa *_*) Crudelmente feriti dalla vita, Giovanna e Marco si incontreranno non molti anni dopo, protagonisti di una romantica e drammatica vicenda (Sul romantica lo immaginavo già dall'inizio. Ma mi lascio convincere da quel "drammatica") dove a trionfare sull'avidità e sulla malvagità degli uomini saranno il loro coraggio e la loro sete di giustizia. (Insomma, prevedo gente che si mazzuola. Piace!) Sullo sfondo di un periodo storico segnato da guerre sanguinose (Sìììì! Si mazzuolano davvero!), passioni sfrenate (Qui storco un po' il naso) e spietati intrighi, un racconto appassionante, animato dal brivido dell'avventura e dai palpiti di una meravigliosa storia d'amore (Storco ancora il naso ma giuro... Ho aspettative. Non altissime ma le ho).
Inizi a leggere e le prime due o tre pagine scorrono abbastanza bene. Non è un tipo di scrittura che sia proprio lo stato dell'arte ma... Tant'è.
Il racconto si apre con una scena familiare pre-Mulino Bianco in cui trovi Giovanna, bambina, che viene avviata dal padre alle meraviglie del tiro con l'arco. Il tutto sotto lo sguardo felice della mamma e quello un po' troppo apprensivo della governante che, alla fine dell'idilliaco quadretto, tanto per portare un po' di Jella che non guasta mai, ricorda la profezia fatta alla nascita di Ludovico di Fanes: sangue, fuoco e distruzione. Toccata di attributi generale, per poi veder spostare la scena sull'infanzia di Marco, orfano di madre ma con un papà che per lui è un supereroe ante litteram. Peccato che il supereroe venga accoppato da un amico di famiglia: anche su di lui gravava una maledizione, in effetti.
E qui iniziano i guai. Per i protagonisti? No, per te, incauto lettore. Perchè arrivi a pagina 16 e inizi a non capire più un accidente. Dialoghi buttati a caso, dove non si sa chi stia parlando con chi e cosa stia facendo. Lo puoi solo immaginare, andando avanti con la lettura, ma fino alla fine del capitolo sarà IMPOSSIBILE capire uno degli snodi più importanti del romanzo, ovvero la morte del padre di Marco. Una manciata di dialoghi e frasi senza soggetto. E resti lì col libro in mano a chiederti: "Ma chi? Cosa? Perchè?"
Purtroppo questa mancanza andrà avanti per tutto il libro (duecento e passa pagine di mestizia) e non è la sola cosa che manca. Quando arriva il momento più bello in cui dici "Oh! Dai! Si mazzuolano!", oppure "Sì! Ora arriva il bello!" ecco che Edi Vesco (dimenticavo... è il nome dell'autrice) se ne esce con un cumulo di informazioni e frasi raffazzonate che ti danno proprio l'idea non abbia avuto la minima voglia di mettersi lì a raccontare.
Quel che non manca, in compenso, sono i puntini di sospensione. Sono ovunque. Ti perseguitano. Solo nella prima pagina compaiono dieci volte. Vorresti prendere il bianchetto e cancellarli tutti da quanto iniziano a dar noia, ma poi resisti.
Resisti perchè in seconda di copertina hai letto di passioni, intrighi e guerre e tu, con il fiato mozzato (dall'esasperazione) attendi di poter leggere tutto cio'.
E invece no: pochi accenni guerriglieri (a malapena ci viene accennato che cosa sia la Freccia Nera, argomento sul quale il romanzo dovrebbe vertere) e la storia che viene a crearsi tra Marco e Giovanna pare essere copiata pari pari da quella di un romanzetto Harmony in cui le "grandi passioni" sono relegate a dialoghi (anche questi lasciati spesso al caso) di ALTO CONTENUTO come:
"Ti amo, Marco. E ti voglio. Vieni..."
"Giovanna... davvero? Vuoi davvero?"
"Sì, ti voglio davvero, più di ogni altra cosa... E per sempre..."
Nota bene i puntini di sospensione. Nota che non ti è stata data alcuna indicazione di luogo, di movimento. Sai che si trovano in riva al lago ma...
"Ti amo Marco", disse Giovanna mettendosi un dito nel naso.
"Giovanna, davvero?" Rispose lui mentre stappava coi denti l'ennesima bottiglia di vino annacquato.
E quell'incantevole cornice dell'Alto Adige? Scordatela. All'inizio ci speri, quando leggi "la vallata ai piedi della rocca di Monforte, verde distesa di pinete e pascoli solcata dal nastro argenteo dell'Isarco". Poi, però, una delle regioni più belle d'Italia diventa "due sentieri tra le rocce", "le montagne", "un campo", "un lago". Vi è una timida descrizione della città di Bressanone che, però, la fa piuttosto assomigliare al mercato di Marrakech.
Vi sono anche momenti di pathos estremo. Come quando Druso, sicario di dubbia morale, viene ucciso perchè deciso a spifferare a Marco il nome del vero assassino di suo padre.
E' giusto delineare, qui, la maestria del racconto.
Cristiano uscì di corsa. Un attimo dopo, Keller entrò nella legnaia. Un laccio tra le mani, l'espressione decisa.
"Druso, hai sbagliato a venire qui. Adesso non ti basterà il fiato, per parlare con Marco di Monforte..."
"Nooo, ti prego... Nooo..."
Hai letto bene.
"Nooo, ti prego... Nooo..."
Solo allora capisci che averlo paragonato a un Harmony è un'offesa per gli Harmony stessi.
Chiudi il libro e rileggi la bio dell'autrice in terza di copertina."Laureata in lettere classiche", "Ex giornalista" (e qui capisci perchè è EX),"Finalista al Premio Bancarellino". No, ma allora... Allora.. ANCHE TU PUOI SCRIVERE UN LIBRO!
Perchè un rifacimento è lecito, uno sfacelo del genere no.
Pero'hai fatto una recensione divertentissima!
RispondiEliminaMeno male, a qualcosa è servito :D
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